DIETRICH BLUMER, M.D., pro- fessore emerito di psichiatria dell’Università del Tennessee e Direttore del Neuropsychiatric Epi-Care Center, è l’autore del presente testo tratto dal suo libro: Psychiatric Aspects of Epilepsy, Vol. 2, Blumer D. Editor, Washington DC, American Psychiatric Press.

L'articolo, pubblicato su ORBI (Open Repository and Biblio- graphy), è stato tradotto dal- l'americano al francese dalla dottoressa Martine Stassart dell'Università di Liegi.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Vincent Van Gogh, Le Moulin de la Galette,
Parigi 1886, Kröller-Müller Museum

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Paul Gauguin (1848-1903), pittore francese post impres- sionista, contribuì in maniera determinante alla nascita della pittura simbolista diventando il capofila di una nuova corrente artistica chiamata "Scuola di Pont-Aven" da lui definita "sintetista".


Paul Gauguin. Autoritratto, 1893. Musée d'Orsay, Parigi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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L'EPILESSIA DI VAN GOGH
1a parte
di Dietrich Blumer

 

Vincent van Gogh (1853-1890) aveva una personalità fuori dal comune.
D'umore disforico, ha presentato episodi psicotici ricorrenti negli ultimi due anni della sua movimentata esistenza.
Si è suicidato all'età di 37 anni e sulla sua malattia sono state formulate  molte diagnosi insoddisfacenti.
Dopo una ricerca approfondita, Henri GASTAUT (1) gli ha riconosciuto una epilessia del lobo temporale, confermando così, sostanzialmente, la diagnosi fatta dai medici di van Gogh più di mezzo secolo prima.
I punti rilevanti dello studio di GASTAUT, associati a nuovi chiarimenti sulla vita di van Gogh (2,3) sono qui rivisti e discussi alla luce delle recenti scoperte riguardanti i disturbi psichiatrici che regolarmente accompagnano l'epilessia. Questi disturbi fatti di disforia intercritica e accessi psicotici si associano con sottili ma caratteristici cambiamenti della personalità (4, 5, 6).
La malattia di van Gogh costituisce un esempio rilevante dei cambiamenti contraddittori osservati negli epilettici al livello degli affetti, del comportamento e della personalità, così come sono stati chiariti da SZONDI (7).
A parte alcuni episodi di grave disturbo mentale, l’eccezionale creatività di van Gogh si è conservata fino all'ultimo giorno. Come per ogni altro artista, il suo temperamento si è espresso nella sua arte e la malattia l’ha esaltato più di quanto non l’abbia danneggiato.

La Vita di Van Gogh

Vincent era figlio di un pastore protestante. Nella sua genealogia, ci sono ministri del culto, artisti e mercanti di quadri.
La madre perse il suo primogenito all'età di 33 anni, un anno prima della nascita di Vincent nel 1853. Fu capriccioso e indisciplinato fin dalla più giovane età, il che comportò il suo collocamento in una scuola privata. Una fotografia di van Gogh adolescente e I suoi successivi autoritratti fanno emergere una netta asimmetria cranio-facciale. Il carattere e la fisionomia di Vincent lasciano intendere che ha dovuto subire un trauma cranico alla nascita o poco più tardi. La sua estrema emotività, evidente fin dall'infanzia, è diventata irreprimibile in età adulta.
Egli stesso ha riconosciuto: "io sono un uomo che domina la passione. Sono pronto a lanciarmi in imprese più o meno folli delle quali mi capita più o meno di dispiacermi"(2).
All'età di 16 anni, van Gogh inizia una carriera da mercante di quadri. Per quattro anni lavora all'Aia in ambiente familiare, poi si trasferisce a Londra dove soggiorna due anni. E’ a Londra che conosce la sua prima delusione d’amore. E’ profondamente depresso e si disinteressa del suo mestiere di commerciante d’arte.
Van Gogh s’entusiasma allora per la religione. Studia un anno poi consacra i tre anni successivi alla sua vocazione di pastore. Esercita il suo ministero in una regione mineraria del Belgio in mezzo a una popolazione misera, condividendo tutto ciò che possiede con gli altri esseri umani così bene che lui stesso presto appare tanto sudicio quanto i minatori.
La sua carità straripante è considerata dai suoi superiori come incompatibile con la dignità del suo ufficio ecclesiastico.
Il suo fallimento come pastore è faticosamente sopportato dai suoi genitori.
Van Gogh abbandonò le credenze religiose che l’avevano sostenuto fino a quel momento, il che finì per scavare una fossa ancora' più profonda tra lui e la sua famiglia per la quale divenne sempre più un estraneo.
Ebbe una profonda depressione e si mise alla ricerca di una nuova vocazione.
All'età di 27 anni, decise di diventare artista.
Si impegnò in questo nuovo percorso con straordinario entusiasmo e fece la sua formazione da autodidatta.
Dimostrava grande tenacia a dispetto di una totale assenza di notorietà, ma beneficiò del sostegno incondizionato, sia materiale che morale, di suo fratello Théo che era un mercante di quadri a Parigi.
La vita di Vincent ci è ben nota in base alla valanga di lettere che inviava a Théo.
Incontrò la sua seconda e ultima passione amorosa facendo una corte incredibilmente appassionata e assidua a sua cugina Kee, che non mostrava altro che disprezzo per lui. Si allontanò ancora di più dalla sua famiglia andando a convivere per qualche tempo con una prostituta.
Durante tutto questo tempo, la sua passione per l'arte non diminuì.

Parigi: L'insorgenza della malattia

Dopo aver trascorso sei anni in Olanda e in Belgio, Vincent si ricongiunse a Théo a Parigi dove visse per due anni (1886-1888). Fece la conoscenza di alcuni grandi pittori che divennero famosi, tra questi Paul Gauguin. Durante il suo soggiorno parigino, cominciò a presentare eccessi parossistici minori consistenti in attacchi di panico, acuti dolori epigastrici e obnubilamento della coscienza.
Il consumo di assenzio, bevanda alcolica dotata di proprietà convulsivanti, allora in onore presso gli artisti francesi, giocò un ruolo cruciale nella precipitazione della malattia. Vincent era trasandato e litigoso, si lasciava trascinare volentieri in interminabili controversie che spesso si concludevano con uno scambio di botte.
Vivendo con suo fratello, lo intratteneva spesso in infinite discussioni fino a tarda notte. Théo finì per augurarsi che si allontanasse pur rimanendo in buoni rapporti. In una lettera alla sua sorella minore, Théo descrive il fratello in questi termini: "si direbbe che in lui ci sono due persone, una che è meravigliosamente dotata, tenera e raffinata e l'altra che è egocentrica e spietata". Queste due persone si manifestano di volta in volta così bene che si sentono parlare ora in un senso ora nell’altro e sempre con argomentazioni opposte. Che peccato che sia un nemico per se stesso, perchè così rende la vita difficile non solo agli altri ma anche a sé."(2).

Provenza: La malattia si rivela

Quando van Gogh arriva ad Arles all'inizio del 1888 è un artista completo.
Attraverso una produzione assolutamente incredibile, adesso crea opere che sono probabilmente le più vigorose che abbia mai realizzato.
Ma è anche ad Arles che la sua malattia si evolverà fino a toccare, verso la fine del 1888, la dimensione psicotica.
Poco dopo il suo arrivo ad Arles, scrisse: "ero certamente sulla strada giusta per buscarmi una paralisi quando ho lasciato Parigi. Questa mi ha fortunatamente colpito dopo. Quando ho smesso di bere, quando ho smesso di fumare così tanto, quando ho ripreso a riflettere invece di cercare di non pensare. Mio Dio che malinconia e quale prostrazione..." (8, p.98).


La camera di Vincent Van Gogh ad Arles - dipinto realizzato nell'ottobre
del 1888 - conservato al Van Gogh Museum di Amsterdam

Ma ben presto riprende le sue vecchie abitudini. In una lettera, egli cerca di spiegare come egli lotti con le sue sensazioni esagerate. Invece di rimasticare pensieri catastrofici esprime il desiderio di buttarsi a capofitto nel lavoro ' (...) "Se la tempesta dentro di me tuona troppo forte, io bevo un bicchiere in più per stordirmi" (8, p.217).
Divenne sempre più disturbato. I momenti di febbrile creatività si alternavano con una apatia prossima alla paralisi. Sbalzi d'umore imprevedibili lo facevano  passare dalla disforia all’euforia con delle "crisi d’angoscia indescrivibili".
Estratti delle sue lettere, scritte dopo il primo incidente, illuminano perfettamente gli stati mentali che egli aveva sperimentato in precedenza in misura minore: "non posso descrivere esattamente come sia quello che ho, sono delle angosce terribili talvolta senza causa apparente oppure un senso di vuoto e di stanchezza nella testa..." "... io ho a volte delle malinconie, dei rimorsi strazianti..." (9, lettera a sua sorella Wilhelmine, p.486).
"... ci sono momenti in cui sono alterato dall’entusiasmo o la follia o la profezia come un oracolo greco sul suo treppiede (...) io ho allora una grande prontezza con le parole..." (8, p.448).
Divenne sempre più incline a collere violente e osservò che i suoi interessi sessuali calavano. Si lamentava spesso di essere lipotimico o di “avere una cattiva circolazione” o “lo stomaco debole".
Tuttavia, continuava a scrivere quasi quotidianamente a Théo, precisandogli nei minimi dettagli la struttura dei suoi schizzi e dei suoi quadri.
E non smetteva di dipingere.
Un giorno annunciò a Théo che stava dipingendo la sua prima "Notte stellata": "Questo lavorare sodo mi fa sentire bene. "Questo non mi impedisce  di avere un terribile bisogno di - dirò la parola - di religione, così di notte esco a dipingere le stelle..." (8, p.326).


Van Gogh "Notte stellata sul Rodano" 1888 - olio su tela - Musée d'Orsay, Parigi

A Arles, van Gogh si sentiva solo. Tramite Théo, convinse Gauguin a unirsi a lui con il progetto di fondare l’ "Atelier du Sud ".
Il soggiorno di Gauguin non durò che due mesi e finì in un disastro. Il rapporto tra i due artisti divenne sempre più rapidamente tempestoso e Gauguin minacciò di andarsene.
Van Gogh scrive: "... la discussione è di un'elettricità eccessiva, talvolta ne usciamo con la testa affaticata come una batteria elettrica dopo essersi scaricata..." (8, p.441).
Un giorno, dopo una crisi di furore in cui aveva gettato un bicchiere di assenzio verso la testa di Gauguin, accaddero una serie di strani eventi. Van Gogh si avvicinò a Gauguin con un rasoio, fu respinto da lui, si allontanò e si mozzò un pezzo dell’orecchio sinistro del quale fece un regalo alla sua prostituta preferita.
Lo trovarono incosciente in casa e lo ricoverarono in ospedale.
In ospedale scivolò in un acuto stato psicotico di agitazione, delirio e allucinazioni per cui dovette essere isolato per tre giorni.
Non conservò alcun ricordo della sua aggressione a Gauguin, né della sua automutilazione nè dei primi giorni di ricovero in ospedale.
Félix Rey, il giovane medico curante di van Gogh, diagnosticò una epilessia e gli somministrò del bromuro di potassio.
Van Gogh recuperò in qualche giorno.
Tre settimane dopo il suo ricovero, era in grado di dipingere il suo magnifico "Autoritratto con orecchio bendato e pipa" che lo mostra in un atteggiamento insolitamente sereno.
Al tempo del ricovero e durante le settimane che seguirono, egli descrisse il suo stato mentale nelle lettere a Théo e sua sorella Wilhelmine: "le intollerabili allucinazioni sono cessate, di fatto si sono ridotte ad un semplice incubo, come risultato dell’assunzione di bromuro di potassio, io credo..." (8. p.442)... "mentre sono assolutamente tranquillo in un certo momento, posso facilmente ricadere in uno stato di sovreccitazione a causa di nuove folli emozioni” (8, p. 457)…"Sto bene in questi giorni, ad eccezione di un certo fondo di vaga tristezza difficile da definire..."(8, p.468).
Allo stesso tempo, osserva in modo quasi fortuito: "... sono svenuto tre volte senza una ragione plausibile e senza conservare il minimo ricordo di quello che soffrivo ..." (9, lettera a Wilhelmina, p.484).
Dopo due nuovi episodi psicotici e l'umiliazione di un internamento imposto con richiesta ufficiale, van Gogh entra in manicomio a Saint-Remy nel maggio del 1889.
Durante tutto l'anno che trascorre lì, ha quattro ricadute psicotiche, una in occasione dell'anniversario del suo ingresso, le altre tre a seguito delle uscite ad Arles, probabilmente annaffiate da assenzio.
Durante la sua permanenza presso il manicomio di Saint-Rémy, non ricevette alcun farmaco anticomiziale. Nel suo ultimo episodio psicotico, il più lungo di tutti, che durò dal febbraio all’aprile del 1890, fu in preda a terrificanti allucinazioni e ad una forte agitazione.
Quando si fu rimesso, si lamentò amaramente del contenuto religioso delle sue allucinazioni ed espresse il desiderio che lo si tenesse lontano da religiose che si prendessero cura di lui.
A Saint-Rémy, tuttavia, contnuò a produrre numerose opere tra cui varie copie di scene religiose ispirate ad antichi maestri, e quello che noi consideriamo come il suo capolavoro assoluto: “La Notte Stellata”, dipinto nel giugno del 1889.

Auvers: Il suicidio

Théo si fidanzò alla fine del 1888, si sposò quattro mesi più tardi e divenne padre all'inizio dell'anno 1890.
Tutti questi eventi coincideranno con un serio aggravamento delle condizioni di Vincent.
Poco tempo prima di entrare a Saint-Remy, Vincent scrisse a suo fratello: "se io restassi senza la tua amicizia mi spingerei senza rimorsi verso il suicidio e benchè io sia un debole finirei per farlo" (8, p. 489).
Théo non aveva mai smesso di incoraggiare il fratello.
Alla sua uscita da Saint-Remy nel maggio del 1890, Vincent si trasferì ad Auvers-sur-Oise, a nord di Parigi, dove trascorse il poco tempo che gli restava da vivere.
La sua arte cominciò ad essere apprezzata. Aveva venduto un dipinto.
Tuttavia il sostegno finanziario che gli assicurava Théo divenne problematico quando la salute di quest'ultimo iniziò a declinare.
I fratelli si scambiarono alcune parole acrimoniose. Vincent aveva la sensazione d’essere un fardello per Théo.
Nelle ultime settimane dipinse immensi campi di grano sotto cieli travagliati che commentava in questi termini: "... io non mi sono fatto scrupolo di cercare di esprimere la tristezza e la solitudine estrema..." (8, p.729).


Van Gogh "Il raccolto", Arles 1888, Van Gogh Museum Amsterdam

Meno di tre mesi dopo la sua uscita dal manicomio, benchè si fosse liberato del suo stato psicotico e delle sue turbe della coscienza, Vincent van Gogh si sparò al cuore nei campi intorno a Auvers. Morì due giorni più tardi con Théo al suo capezzale.
Théo gli sopravvisse sei mesi.

 

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L'Epilessia di Van gogh - 2a parte


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